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non curando, la reale dignitade mise a non calere, che fi-
glio di re fue; Aristotile, d altro amico non curando,
contra lo suo migliore amico fuori di quella combat-
teo, sì come contra lo nomato Platone. E perché di que-
sti parliamo, quando troviamo li altri che per questi pen-
sieri la loro vita disprezzaro, sì come Zeno, Socrate,
Seneca, e molti altri? 9. E però è manifesto che la divina
virtù, a guisa [che in] angelo, in questo amore ne li uo-
mini discende. E per dare esperienza di ciò, grida susse-
quentemente lo testo: E qual donna gentil questo non
crede, Vada con lei e miri. Per donna gentile s intende la
nobile anima d ingegno, e libera ne la sua propia pote-
state, che è la ragione. 10. Onde l altre anime dire non si
possono donne, ma ancille, però che non per loro sono
ma per altrui; e lo Filosofo dice, nel secondo de la Meta-
fisica, che quella cosa è libera, che per sua cagione è,
non per altrui. 11. Dice: Vada con lei e miri li atti sui,
cioè accompagnisi di questo amore, e guardi a quello
che dentro da lui troverà. E in parte ne tocca, dicendo:
Quivi dov ella parla, si dichina, cioè, dove la filosofia è
in atto, si dichina un celestial pensiero, nel quale si ra-
giona questa essere più che umana operazione: e dice
«del cielo» a dare a intendere che non solamente essa,
ma li pensieri amici di quella sono astratti da le basse e
terrene cose. 12. Poi sussequentemente dice com ell av-
valora e accende amore dovunque ella si mostra, con la
suavitade de li atti, ché sono tutti li suoi sembianti one-
sti, dolci e sanza soverchio alcuno. E sussequentemente,
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Dante Alighieri - Convivio
a maggiore persuasione de la sua compagnia fare, dice:
Gentile è in donna ciò che in lei si trova, E bello è tanto
quanto lei simiglia. 13. Ancora soggiugne: E puossi dir
che l suo aspetto giova: dove è da sapere che lo sguardo
di questa donna fu a noi così largamente ordinato, non
pur per la faccia, che ella ne dimostra, vedere, ma per le
cose che ne tiene celate desiderare ed acquistare.
14. Onde, sì come per lei molto di quello si vede per ra-
gione, e per consequente [si crede poter essere], che
sanza lei pare maraviglia, così per lei si crede ogni mira-
colo in più alto intelletto pote[r] avere ragione, e per
consequente pote[r] essere. Onde la nostra buona fede
ha sua origine; da la quale viene la speranza, [che è] lo
proveduto desiderare; e per quella nasce l operazione de
la caritade. 15. Per le quali tre virtudi si sale a filosofare
a quelle Atene celestiali, dove li Stoici e Peripatetici e
Epicurii, per la l[uc]e de la veritade etterna, in uno vole-
re concordevolmente concorrono.
CAPITOLO XV
1. Ne lo precedente capitolo questa gloriosa donna è
commendata secondo l una de le sue parti componenti,
cioè amore. Ora in questo, ne lo quale io intendo espo-
nere quel verso che comincia: Cose appariscon ne lo suo
aspetto, si conviene trattare commendando l altra parte
sua, cioè sapienza. 2. Dice adunque lo testo «che ne la
faccia di costei appariscono cose che mostrano de pia-
ceri di Paradiso»; e distingue lo loco dove ciò appare,
cioè ne li occhi e ne lo riso. E qui si conviene sapere che
li occhi de la Sapienza sono le sue demonstrazioni, con
le quali si vede la veritade certissimamente; e lo suo riso
sono le sue persuasioni, ne le quali si dimostra la luce in-
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Dante Alighieri - Convivio
teriore de la Sapienza sotto alcuno velamento: e in que-
ste due cose si sente quel piacere altissimo di beatitudi-
ne, lo quale è massimo bene in Paradiso. 3. Questo pia-
cere in altra cosa di qua giù essere non può, se non nel
guardare in questi occhi e in questo riso. E la ragione è
questa: che, con ciò sia cosa che ciascuna cosa natural-
mente disia la sua perfezione, sanza quella essere non
può [l uomo] contento, che è essere beato; ché quan-
tunque l altre cose avesse, sanza questa rimarrebbe in lui
desiderio: lo quale essere non può con la beatitudine,
acciò che la beatitudine sia perfetta cosa e lo desiderio
sia cosa defettiva; ché nullo desidera quello che ha, ma
quello che non ha, che è manifesto difetto. 4. E in que-
sto sguardo solamente l umana perfezione s acquista,
cioè la perfezione de la ragione, de la quale, sì come di
principalissima parte, tutta la nostra essenza depende; e
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