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esso tenendo la bocca stretta non rispondeva nulla, on-
de il Re voltatosi alla Marcolfa disse:
RE. Per che causa non mi risponde costui? Ha perduto
forse la favella, o gli è venuto qualche strano acciden-
te, ch ei non possa parlare?
MARCOLFA. Meglio per lui, ch ei non avesse mai parla-
to, perch egli dice tutto alla riversa, e peggio è che ne
fa ancora, e adesso nuovamente n haffatto una molto
brutta, mentre io sono stata fuora di casa.
RE. Che cosa ha egli fatto di brutto? Ha forse pisciato
nel letto?
MARCOLFA. Peggio, Signore.
RE. Vi ha egli caccato?
MARCOLFA. Peggio mille volte.
RE. Che domine può aver fatto costui? Io non so che si
possino far cose più brutte o sporche di queste.
MARCOLFA. Quando ve lo dirò, Signore, so che v alte-
rarete, e con giusta ragione, e meglio sarebbe stato
che voi ci avesti lasciati stare là su nelle nostre bricco-
Letteratura italiana Einaudi 107
Giulio Cesare Croce - Bertoldo e Bertoldino
le, che farci condurre qua giù a farci scorgere per due
pecore balorde, come in vero noi siamo.
RE. E che cosa d importanza haffatto costui ditelo or-
mai, che io gli perdono, e sia che grave errore esser si
voglia.
Così la Marcolfa narra al Re tutto quello che haffatto
Bertoldino, cioè di gettare i scudi nella peschiera alle ra-
ne, e il pane, e la farina per accecare il pesce, e in ultimo
il covazzo dell oca, e insomma tutte le balorderie ch egli
avea fatte; onde il Re, in iscambio di farli qualche gran
riprensione, come meritava, incominciò a ridere di ma-
niera tale che fu forza a gettarsi sul letto, e dopo alquan-
to di spazio levatosi su, pur tuttavia ridendo disse:
RE. Sono queste dunque le gran cose che voi mi vole-
vate dire? Io mi pensava ch egli avesse fatto qualche
gran misfatto; ma questo è nulla, anzi egli haffatto
molto bene a insegnare di procedere a quelle bestie.
Orsù, questo non importa, non vi mancheranno da-
nari, né pane, né farina, e quello che vi occorrerà: sta-
te pur allegri.
MARCOLFA. Poiché così vi piace, Signore, io non dico
più nulla, poiché già ho fatte le mie proteste che co-
stui non ha tutto quel senno che se gli dovrebbe; anzi,
perché io so che mai esso non dice cosa a proposito,
gli ho fatto commandamento ch egli non apra la boc-
ca ancora questa volta sin che non siamo tornati a ca-
sa, perché temo sempre ch esso non dica qualche
gran stravaganteria.
RE. E io di nuovo gli do licenza ch egli apra la bocca, e
che parli. Conducetelo dunque dalla Regina, che ella
abbia un poco di spasso; e tu Bertoldino, come sei fra
quelle dame, di alla libera tutto quello che ti pare, e
senza rispetto alcuno. Andate.
Letteratura italiana Einaudi 108
Giulio Cesare Croce - Bertoldo e Bertoldino
Bertoldino viene alle mani con una donzella della
Regina., chiamata Libera.
Così andarono la Marcolfa e Bertoldino dalla Regina,
la quale gli fece molte carezze, e perché il Re aveva detto
a Bertoldino che egli dicesse quello che gli pareva alla li-
bera, essendo nella detta stanza una donzella della Regi-
na nominata Libera, e udendola esso chiamare per no-
me, credendo che il Re gli avesse detto che egli dicesse a
colei quello che gli parea, la incominciò villanescamente
a motteggiare, dicendo:
BERTOLDINO. Addio, Libera, che pagaresti a essere ba-
stonata?
LIBERA. Perché bastonata? Le bastonate si danno agli
asini pari tuoi, e villani come sei tu.
BERTOLDINO. Io sarei un asino s io fussi tuo marito,
che proprio tu hai ciera d un asinaccia vecchia.
LIBERA. Se io mi cavo una pianella, te la butterò sul ca-
po, bestia, villano, porco che sei. Mira chi si vuole do-
mesticare con una par mia! Va , guarda le capre,
montanaraccio che sei.
BERTOLDINO. Io non veggio la più bella capra che te,
io, che tu fai proprio le calcole, come fa una capra.
LIBERA. Aspetta, che io ti voglio battere questo zoccolo
su quel grugno di porco.
BERTOLDINO. Se tu mi romperai il grugno di porco, e
io ti ammaccarò quel naso di civetta con questa scar-
pa.
REGINA. Orsù, fermatevi un poco, e dimmi tu, Bertol-
dino, chi ti ha detto che tu dica quelle parolacce a
questa mia donzella.
BERTOLDINO. Il Re me l ha detto, e domandatelo qui a
mia madre.
REGINA. È vero questo, madonna Marcolfa?
MARCOLFA. serenissima Regina, io ho già fatto tutti i
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Giulio Cesare Croce - Bertoldo e Bertoldino
miei protesti, come parimente ho detto al Re che co-
stui non darà gusto niuno, essendo alquanto scemo di
cervello; anzi, perché oggi ei non dicesse qualche ba-
lorderia innanzi a lui e a voi, io gli avevo fatto com-
mandamento ch esso tenesse la bocca serrata fin che
noi fussimo tornati a casa; ma il Re vostro consorte
non solo gli ha dato licenza di parlare, ma, di più, che
egli possa dire alla libera ciò che gli pare. E perché
costui intende per l orecchie, come fanno le pentole
per il manico, avendo udito nominare questa vostra
donzella che si chiama Libera, ha pensato, il balordo,
che il Re gli abbia detto ch ei dica a questa Libera qui
tutto quello che gli pare e piace, e però egli ha usato
questa bellissima creanza che avete visto.
La Regina ride di questo caso e il Re. dona di nuovo
cinquecento scudi a Bertoldino..
Quando la Regina ebbe udita simil baia, si pose a ri-
dere di tal maniera, che bisognò slacciarla da tutte due
le bande, e in quell istante giunse il Re, e chiedendo la
causa di ciò gli fu narrato il tutto; onde di nuovo si rad-
doppiarono le risa, e il Re poi fece donare (mira che for-
tuna d un villano indiscreto, che meritava cinquanta ba-
stonate più tosto che altro) a costui cinquecento scudi
d oro, e così gli licenziò che tornassero alla lor abitazio-
ne; ma, innanzi che si partissero, la Regina disse a Ber-
toldino che per l avvenire non si domesticasse più con le
sue dame, ma che si attaccasse alla modestia, ché quella
è la vera creanza di quelli che pratticano nelle corti; ed
esso, fatto un bello inchino all usanza di montagna, pro-
mise di ciò fare, e così si partiro e tornaro al lor podere.
Letteratura italiana Einaudi 110
Giulio Cesare Croce - Bertoldo e Bertoldino
Bertoldino, per le parole della Regina, s attacca ai panni
della moglie dell ortolano chiamata Modesta, e se la tira
dietro per tutta la villa.
Giunti ch essi furono alla lor magione, Bertoldino, il
qual avea promesso alla Regina di attaccarsi alla mode-
stia, intendendo ogni cosa alla roversa, secondo il suo
goffo intelletto, si incontrò nella moglie dell ortolano,
che si chiamava Modesta, e pensando ch ella avesse det-
to a quella Modesta, subito senza altro dire se gli attaccò
ai panni, e cominciò a tirarsela dietro, come tira il lupo
la pecora, e con tanta la nobil destrezza, che quasi gli ro-
versò i panni in capo, e se non fusse stato ch ella si anda-
va aiutando al più ch ella poteva, ella avrebbe mostrato
il più bello di Roma; e vedendosi così strascinare a que-
sto pazzo (che così mi pare di dirgli ora) incominciò a
gridare talmente, ch ella fu udita dal suo marito, il quale
subito corse a quel rumore con un grosso palo in mano
e, vedendo costui tirare sua moglie a quella foggia, fu
per tirargli di quel legno sulla testa, ma restò di farlo per
il rispetto grande che bisognava portargli per comanda-
mento del Re, e gliela levò dalle mani con fatica grande,
dicendo:
ORTOLANO. Chi t ha insegnato, bestia, d usare questi
atti villani alle moglie d altri?
BERTOLDINO. La Regina.
ORTOLANO. Perché la Regina? Che cosa haffatto mia
moglie alla Regina, da farla strascinare a questa fog-
gia?
BERTOLDINO. Vaglielo domanda a lei, che saprai il tut-
to, e ispedissiti quanto prima se non vuoi che io torni
a fare qualche cosa di mia testa, perché io sono un
mal bestione, se tu non lo sai.
ORTOLANO. Purtroppo lo so. Orsù, io mi voglio andar
a chiarire or ora.
Letteratura italiana Einaudi 111
Giulio Cesare Croce - Bertoldo e Bertoldino
BERTOLDINO. Or va , e torna presto, che io possa finire [ Pobierz całość w formacie PDF ]

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